Dalla fine dell’800, nella parete carsica di Capo Caccia, issata in un anfratto naturale della roccia, si trova la Nostra Senyora del Frontuni, un simbolo di fede opera dei pescatori di corallo provenienti da Torre del Greco che da sempre hanno solcato questi mari.
“Frontuni”, che in algherese si pronuncia Fruntuni, è il nome che gli antichi pescatori algheresi e di Torre del Greco usavano per indicare il promontorio di Capo Caccia. A una più attenta analisi linguistica, il nome deriva direttamente dal napoletano Fruntone, il nostro “frontone” in italiano, che è altro non è che una conformazione architettonica caratterizzata dal tetto a due spioventi; questa conformazione, sebbene naturale, accoglie sotto Capo Caccia la nicchia con la Madonnina, ed è lì che i pescatori torresi, con una smisurata fantasia e devozione, pensarono di chiamare così questo baluardo di fede. Lo stesso nome Frontuni, fa riflettere sulla magia che si crea fra le parole e la cultura di chi le pronuncia: non solo tradizione, ma anche e soprattutto reinvenzione di una lingua alla luce dei luoghi e delle esperienze di vita, in questo caso quella dura della vita di mare.
A questo baluardo di protezione si ricorreva specialmente in momenti di tempesta, quando andare a Capo Caccia in presenza del Maestrale equivaleva a tentare di superare le colonne d’Ercole.
La Madonnina del Frontuni è stata logorata dal tempo, e recentemente realizzata ex-novo da un’artista algherese.
Ogni anno a maggio, inizio della stagione di pesca del corallo, e a settembre, fine della stessa, si rende omaggio a questa Signora del mare con una processione in barca.
“Benedite e pregate per gli ardimentosi navigatori” recita la scritta a margine della raffigurazione sacra.
Una invocazione che rafforza l’operato faticoso e incessante dei pescatori, non solo di corallo, ma anche delle famose aragoste, fino ad arrivare alla piccola pesca.
Questa invocazione risuona non solo per mare. Passeggiando negli angoli del porto antico vicino le mura, dentro le chiese antiche, sarà chiaro immaginare come nel corso dei secoli genovesi, catalano aragonesi, torresi (detti anche corallini), maiorchini, siciliani, algheresi, si siano succeduti, ciascuno con la propria conoscenza del mare e della sua tecnica. Tecnica che si è affinata grazie anche al confronto fra gli stessi, e soprattutto nella costruzione delle barche, le famose spagnolette, o i gozzi.
Il Forte della Maddalena, proprio dietro la piazza centrale della città vecchia, Piazza Civica, è stato un grande cantiere navale a cielo aperto, purtroppo andato perduto.
Oggi rimangono, come sempre, le conoscenze degli uomini, che tramandano la Storia nelle mani di pochi, ma nobilissimi Maestri d’ascia.